Capitolo II
Occhi
“Non e’ possibile” disse Emily al telefono la mattina successiva.
“Non riesco a credere che possa aver fatto una cosa simile” continuò.
Edward la ascoltava dall’altro capo nel più completo silenzio. Aveva parlato lui fino a quel momento; pochi secondi, in realtà, ma pesantissimi, tanto che si sentì stremato. Ora rimaneva immobile ad ascoltare: al dolore che aveva provato nel raccontare quella vicenda si aggiunse, in Edward, il sincero turbamento derivante dalla constatazione che Emily non fosse nella condizione di poter aggiungere nulla. Non avrebbe potuto aiutarlo e lui sapeva quanto avrebbe sofferto per questo.
Tutto quello che avrebbe voluto, sarebbe stato chiudere quella telefonata trasmettendo ad Emily però la sincera convinzione del fatto che lei era stata perfetta e che nessuno avrebbe potuto essergli più vicino di quanto lo fosse stato lei con quelle semplici frasi e quella commovente e silenziosa partecipazione.
“Non so che dire, non riesco a dire niente” aggiunse Emily.
Questa confessione commosse all’estremo Edward che capì che quello era il momento giusto. “Nessuno riuscirebbe ad avere altre parole: tutto si racconta così chiaramente da sé che non c’è bisogno di aggiungere nulla. Ciao, Emily, ti chiamo io” concluse Edward e riagganciò. Rimase seduto a farsi trasportare dai pensieri per circa un’ora. Dopo essersi alzato dal divano, avere sentì la voglia di rimettere le mani su un racconto che aveva iniziato tempo prima; Edward amava scrivere racconti, avrebbe voluto cimentarsi anche con un romanzo, ma temeva di non riuscire a mantenere uno stile uniforme per l’intera durata della stesura.
Riprese la vecchia bozza e ci lavorò per circa due ore: la modificò qua e là, ma soprattutto la concluse; si alzò per recuperare dalla stampante tutte le pagine; con i fogli in mano si diresse verso il salotto e si stese sul divano avvicinandosi il posacenere e, dopo essersi acceso una sigaretta, cominciò a rileggere il racconto.
Un'altra possibilità
Era il giorno del trentaseiesimo compleanno di Mary Rose, quando l'auto che stava riportando a casa suo marito Philip fu scaraventata fuori strada da un tir e scomparve nell'oscurità intraprendendo un silenzioso volo di quasi cento metri.
Ci sono dolori che non sarebbero superabili, se non si accettasse un rischioso compromesso con la propria razionalità.
Mary Rose ebbe la forza di rendersi conto di ciò già poche ore dopo aver ricevuto la notizia; avrebbe dovuto intraprendere un lungo percorso di sofferenza solo per convincersi di quanto era accaduto, dopodiché avrebbe lasciato alla sua mente la libertà di prendere il suo corso, quale esso fosse.
Era abbandonata sul divano e avvolta in un plaid la sera in cui sentì provenire degli strani rumori dalla porta di ingresso.
Due giorni erano già trascorsi dall'incidente; si accorse che quella era la prima volta che la sua attenzione veniva distolta dal pensiero di Philip, e per un attimo provò un irrazionale senso di colpa.
Si alzò lentamente in piedi senza abbandonare il plaid che aveva raccolto molte delle sue lacrime e della sua sofferenza e iniziò ad avvicinarsi alla porta da cui quel sottile rumore continuava a provenire sempre più nitido: capì che c'era qualcosa che grattava e sfregava la porta dall'esterno, ma con delicatezza, quasi non avesse alcuna finalità diversa da quella di farsi sentire.
Incuriosita e senza alcun timore, aprì la porta quel tanto che bastò perché la zampa di un gatto riuscisse a infilarsi nel pertugio appena dischiuso.
Aprì allora un po' di più la porta consentendo al gatto di far passare la sua sinuosa silhouette; il pelo grigio accarezzato dallo stipite mostrava riflessi argentei. L'animale aspettò di essere entrato nell'appartamento e di essersi accomodato sul tappeto prima di alzare il muso verso di lei.
Mary Rose si accorse che stava sorridendo e le sembrò incredibile. Era incredula davanti a quel gatto che, con ingegnosa ostinazione, era riuscito a entrare in casa sua e che ora rimaneva immobile a fissarla.
Andò in cucina e cercò una scodella tra le stoviglie ancora da lavare; dopo averla riempita di latte fino al bordo, la portò al gatto, che non si era mosso dal punto in cui l'aveva lasciato.
Questi non parve però molto riconoscente dinnanzi a quella premura: ne assaggiò solamente un poco, poi riprese a guardare Mary Rose e iniziò ad avvicinarsi a lei. Quando le fu arrivato vicino, si alzò sulle zampe posteriori allungando quelle anteriori verso di lei come fanno i bambini quando vogliono essere presi in braccio; e ancora una volta ottenne ciò che voleva: una volta avvolto nel caldo abbraccio della donna l'animale sembrò cadere in catalessi, lasciò andare indietro la testa mentre lei continuava ad accarezzarlo.
Dopo quei secondi di estasi il gatto parve riaversi di colpo: si divincolò da Mary Rose e si diresse verso la libreria. Con un balzo salì sul penultimo scaffale infilandosi dietro la fila di libri più esterna; Mary Rose si affrettò ad afferrarlo e a riportarlo giù prima che potesse fare qualche danno.
Pochi secondi dopo essere stato riadagiato sul tappeto, il gatto fu mosso nuovamente dall'istinto e replicò la prestazione di poco prima saltando con ancora più silenziosa precisione sullo stesso scaffale.
Mary Rose era incuriosita da quel comportamento, si chiedeva quale potesse essere l'oggetto o il riflesso che lo attirava così intensamente.
Lo prese nuovamente in braccio e questa volta l'animale parve rasserenarsi e desistere.
Mary Rose si risistemò sul divano lasciando che il gatto rimanesse appoggiato sul suo grembo; e non cessava di guardarla con quegli occhi così grandi, così neri, così familiari. Non si sarebbe neppure accorta di essersi addormentata per qualche minuto se non fosse stata svegliata da un tremendo frastuono. Accese la luce e vide che erano caduti alcuni libri da quello stesso scaffale della libreria su cui, poco prima, si era tanto incentrata l'attenzione del gatto.
E l'animale era lì, che cercava di uscire dal labirinto di libri sparsi sul pavimento, trascinando con il muso una piccola scatola blu adornata da un fiocco rosso che Mary Rose era sicura di non aver mai visto prima.
Quando si fu avvicinata il gatto si arrestò ed appoggiò una zampa sull'oggetto, come nell'atto di porgerglielo.
Mary Rose prese la scatola e la aprì in un misto di stupore e paura. Scoprì che conteneva un bracciale le cui pietre colorate proiettavano riflessi variopinti sulle lettere del biglietto posto sul fondo della custodia.
Buon compleanno amore mio.
Phil
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